domenica 3 gennaio 2016

Mantenere la memoria viva

Sarajevo, 31 dicembre 2015

Gallery 11/07/95

Alcune delle vittime del genocidio di Srebrenica
Nel 1995 più di 8000 musulmani bosniaci morirono a causa del genocidio avvenuto a Srebrenica. Si tratta prevalentemente di uomini, ma è possibile riscontrare anche casi di donne e bambini. Oggi, il numero esatto delle vittime è di 8372 vite umane.
Nel 1995, la comunità internazionale era a conoscenza di quanto stesse accadendo a Srebrenica, ma decise di non reagire. Il processo di riesumazione e identificazione delle vittime continua ancora oggi.

Nella prima sala della mostra sono appese 640 fotografie di alcune vittime del genocidio di Srebrenica. È possibile riscontrare profili umani davvero differenti: uomini, ragazzi, donne. Circa 500 tra le vittime del genocidio erano minori di diciotto anni e persero la vita anche dei bambini appena nati. La ripetizione dei cognomi tra le vittime indica che in alcuni casi furono uccise famiglie intere.
A più di vent'anni dalla fine della guerra, molte persone continuano a vivere nei campi di Srebrenica. Tarik Samarah visitò le scene del crimine assieme ai familiari delle vittime, assistette alla riesumazione delle vittime e la documentò.

La prima parte della mostra è dedicata a coloro che sopravvissero al genocidio: l'unica strada per raggiungere il campo (che è anche l'unica strada per lasciarlo); una donna sull'uscio della porta che, seppur dopo molti anni, nutre ancora la speranza che possano essere trovati dei sopravvissuti (giravano dei racconti secondo i quali alcuni uomini di Srebrenica si trovavano in Serbia - chiaramente nessuno di questi era vero); il collage realizzato da una donna che perse tutti i suoi cinque figli a causa del genocidio e che portava sempre con sé; una donna con una bambola; un uomo che fuma una sigaretta; un bambino che aveva solamente venti giorni quando fu deportato e che oggi ha vent'anni. Insomma, Samarah ha immortalato scene di quella che era la vita di ogni giorno nei campi, spaccati di vita quotidiana.

La seconda parte della mostra racconta il lungo processo di riesumazione e identificazione delle vittime. I corpi venivano sistemati in molteplici fosse comuni e venivano sistematicamente spostati e ricollocati in altri luoghi per cercare di nascondere il crimine. Le prime fosse comuni si trovavano solitamente vicino alla scena del crimine, mentre quelle successive il più lontano possibile, spesso sul fronte tra Bosnia e Serbia, per far sembrare i corpi vittime di guerra.
I corpi che venivano e vengono tuttora riesumati sono generalmente incompleti: c'è un esempio di un solo uomo i cui resti sono stati trovati in cinque posti differenti, a trenta chilometri di distanza l'uno dall'atro.
600 vittime del genocidio: 599 uomini e 1 donna. Si trattava di una coppia,
e lui, prima di morire, aveva coperto il corpo della sua fidanzata con il suo
Samarah ha fotografato una foresta avvolta nella nebbia, che coincide con il paesaggio del genocidio; una bambola lasciata sulla scena scena del crimine con funzione di messaggio (in quel punto furono rinvenuti circa 600 corpi incompleti); i membri della International Commission on Missing Persons al lavoro; un corpo che sembra essersi preservato bene; due madri di Srebrenica accovacciate vicino a diversi cadaveri; un tipo di legatura pervenuto suoi luoghi del crimine (a volte le vittime erano legate con le mani dietro la schiena, altre erano legate tra di loro, insieme); una fossa comune contenente moltissimi teschi; una donna che stava dando del sangue per l'analisi del DNA, vicino a Sarajevo (quando nessun membro della famiglia è sopravvissuto, il processo di identificazione tramite l'analisi del DNA è impossibile da attuare); una madre che indossa un pezzo di stoffa con i nomi dei suoi familiari uccisi e che rappresenta solo una delle molte donne che hanno perso tutti i membri della loro famiglia e che ogni anno scendono in piazza per chiedere giustizia; parti di vestiti rinvenuti nelle fosse comuni, utili per il processo di identificazione; 600 vittime del genocidio, di cui 599 uomini e 1 donna; un puzzle di ossa umane (il processo di completamento di un cadavere era talmente lungo che molte famiglie, soprattutto genitori di bambini, decisero di procedere con il seppellimento nonostante fossero in possesso di un solo osso, per paura di non vivere abbastanza per vedere la ricostruzione del corpo completata); sacchi contenenti i corpi, sacchi di ossa.
Il momento dell'analisi del DNA per completare
l'identificazione delle vittime

La terza parte della mostra è dedicata alla memoria. Ogni anno, l'11 luglio, c'è una cerimonia per ricordare le vittime del genocidio.
Samarah ha immortalato una donna su un autobus che si dirigeva verso il Srebrenica Genocide Memorial e ne descrive la scena: c'era un livello di sicurezza altissimo e in media era presente un poliziotto ogni dieci metri. I poliziotti che in quel momento avevano il compito di proteggere i familiari delle vittime erano esattamente gli stessi che non molti anni prima si erano macchiati di quel genocidio. Sono inoltre presenti le scene dei funerali, ai quali molti politici presenziano in abiti eleganti, alcuni parlando al cellulare.
Una delle immagini più rappresentative della mostra raffigura un ammasso di pale utilizzate per seppellire le vittime (ne servirono circa 2400), dal quale ne emerge una separata dalle altre e "rotta dal peso delle emozioni".

L'esposizione è completata dalla visione di alcuni video di cui preferisco non svelare nulla. Vale la pena visitare Sarajevo per venire a vedere la Gallery 11/07/95 ed essere testimoni di quanto avvenuto a Srebrenica nel 1995.


@lagargantuesca